“Flàneries é un’espressione francese che indica l’andare in giro, normalmente da solo, con il solo scopo di guardarsi attorno.
Flàneries racconta di quotidiano per come mi si presenta, per come lo vedo.
E’ lo spazio in italiano di questo sito”.
— Luca
Anche se piove
Si possono prendere delle foto anche in una giornata di pioggia?
Un sabato mattina dedicato ad una ‘ ballade photo’, un tempo dedicato a scoprire una parte nuova di Parigi. Montreuil é un comune a sé, appena fuori Parigi, ma raggiungibile con la metro.
Quindi non te ne accorgi, che sei fuori Parigi.
La giornata non era delle migliori e la minaccia di pioggia era piuttosto elevate. All’inizio, é andato tutto bene. C’era vento, ma non pioveva. Mi sono imbattuto in un gruppo di animazione di strada, che ho messo di buon umore tutto il centro di Montreuil.
Peccato che dopo pochi minuti che sono arrivato ha incominciato a piovere. La tentazione, come spesso in questo situazioni, é chiedersi: "Ma vale la pena fare delle foto?”. Oppure “E’ meglio nascondere questo ‘grigiore’ con del bianco e nero?”.
Ad entrambe le domande ho dato una risposta affermativa, cercando comunque non solo di ‘trovare delle foto’, ma di farle a colori.
Photomatic d’Italia
Cartello della Biennale di Venezia del 1972
Ho visitato « Renverser ses yeux » a Jeu de Paume (Parigi) pochi giorni fa. Interessante mostra su alcuni artisti d’avanguardia di fine Anni ’60 in Italia.
Il sottotitolo della mostra, che sarà presente alla Trienname di Milano nella primavera 2023 (quindi potete avere un’anteprila qui…), dà una chiave di lettura piuttosto chiara: “Attorno all’arte povera 1060-1975: fotografia, film e video”.
Tra i vari lavori presentati, mi ha colpito particolarmente un progetto di Franco Vaccari, artista poliedrico (fotografo, poeta, cineasta), prodotto cinquant’anni fa: Photomatic d’Italia.
L’artista si é domandato come una cabina fotografica, nuovo oggetto ‘tecnologico’ normalmente collocato in spazi pubblici, ma con un dedicato spazio privato, potesse interagire il pubblico. Dopo tutto fino ad allora la fotografia d’identità era riservata a documenti ufficiali (passaporti, carte d’identità) o all’identificazione di criminali. I ‘sefie’ sarebbero arrivati molto più tardi.
Propone allora di spostare una di queste cabine in uno spazio museale (alla Biennale di venezia) e propone ai visitatori di contribuire, con le loro instantanee, ad allestire lo spazio espositivo. Comincia lui stesso, attaccando ad un muro una striscia fotografica con un suo ritratto. Ed invita il pubblico a fare altretando, con l’obiettivo di creare un’opera collettiva.
La proposta ha successo e tra il 1972 e il 1973 riesce a ripetere l’esperienza al di fuori di un museo, utilizzando un migliaio di cabine sparse in tutta Italia e coinvolgendo gente comune: Vaccari, attarverso una manifesto attaccato nelle vicinanze delle vabine, invita infatti normali cittadini a inviargli una strip di fototessere con la possibilità di essere selezionati per un nuovo film.
La cabina photomatic, cosi’, non viene adoperata solamente per fornire immagini adatte ai documenti di riconoscimento, ma diventa anche un luogo isolato in cui poter sperimentare, spaziare e giocare con la fotografia. Si tratta di un’imponente esperimento di “arte generativa”, che come risultato ha portato al progetto ‘Photomatic d’Italia’.
Partito dalla Biennale di Venezia, raggiunge le piazze di tutta Italia, coinvolgendo un vastrissimo numero di persone, facendo dell’uomo di strada un potenziale artista.
Ben prima dei selfie ....
PS.
Il 20 giugno del 1928 cinque cabine fotografiche automatiche vengoni installate a Parigi. Oggi, le ‘photomatic’ sono presenti nella capitale francese in (quasi) tutte le stazioni, in supermercati, negli angoli delle piazze.
Foto tratte dal sito della Galleria Sage, Paris , alcune delle quali visibili fino al 29 Febbraio a ‘Jeu de Paume’, Parigi