“Flàneries é un’espressione francese che indica l’andare in giro, normalmente da solo, con il solo scopo di guardarsi attorno.
Flàneries racconta di quotidiano per come mi si presenta, per come lo vedo.
E’ lo spazio in italiano di questo sito”.
— Luca
Mois de la photo du 14e
Tecniche fotografiche
E’ il mese della foto nel mio quartiere di Parigi. 30 esposizioni in tutto il quartiere, molte delle quali visibili 24h/24 dato che si tratta di installazioni sulle griglie di chiese, parchi e luoghi pubblici.
Ne ho visitate parecchie in questi giorni, il che mi ha dato anche un’ottima occasione per visitare il 14 arrondissement.
Non ho finito ancora il giro, ma un progetto mi ha colpito molto.
Alla Gallerie de Montparnasse, uno degli spazi espositivi interni, ho incontrato Nathalie Bernard autrice del progetto “Non” , realizzato durante le poteste del 2023 contro la riforma delle pensioni.
Mi ha incuriosito la scelta tecnica. Nella stessa sala, nel muro giusto accanto, si potevano trovare una serie in bianco e nero di immagini di protesta realizzate da George Beaugeard (Manif): foto di reportage, molto belle.
Nathalie, invece, ha usato una tecnica completamente diversa, scoperta quasi per caso.
Ha scattato sul pellicola (FOMA 400 ISO), con una semplice macchina 35mm LOMO. Ha poi scansionato la pellicola a colori (confesso che non sapevo si potesse fare, dato che la FOMA 400 é una pellicola in bianco e nero), concentrandosi solo su nero, rosso e giallo.
Come mi ha detto Nathalie, probabilmente questa tecnica con altri soggetti fotografici, non avrebbe funzionato.
Ma su questo serie, a mio avviso, davvero facilita la comprensione di quello che stava succedendo quei giorni.
alcune imperfezioni sono, volutamente, rimaste: guardate, ad esempio, le macchie nella prima foto. Inoltre, la carta dove sono state stampate é stata strappata e i bordi non sono lisci e precisi come una fine art.
Ancora una volta, per rispecchiare le tensioni di quei momenti.
Davvero un bel lavoro, Nathalie! Sorprendentemente, non sono riuscito a trovare un suo profilo social: più bello ancora scoprire un artista dal vivo in una galleria.
Frank Horvat
Parigi, il mondo, la moda.
Ultime settimane a Jeu de Paume per visitare le opere di Frank Horvat, o meglio Francesco Horvat. Confesso non sapevo fosse italiano.
Deceduto pochi anni fa, questa é la prima mostra dedicata alla sua prima produzione fotografica, fra il 1950 e il 1965, anni in cui si é dedicato al fotogiornalismo (prima) e alla moda (successivamente).
Curiosamente, quando ha accettato di fotografare per la moda, ha richiesto (e ottenuto) di poter sviluppare un approccio documentale: luce naturale, foto non necessariamente posate, niente costruzioni e messa in scena.
Le modelle sono ritratte in un ambiente ordinario, attirante da gente normale, che appare incuriosita dall’essere inserita nella foto.
Potete vedere qualcuno elle 170 foto presenti alla mostra al sito ufficiale di Jeu De Paume.
In realtà FRANK HORVAT, poi ha mutato il suo approccio ed ha cominciato, probabilmente spinto dalle agenzie e dalle riviste per cui lavorava, a ritrarre le modelle in uno stile più vicino alla tradizione della moda (foto più ricercate, ambienti predefiniti, uso di luce artificiale, etc).
Confesso che il suo stile originale mi ha colpito di più, insieme ai sui lavori documentali (a Pigalle, nel dietro le quinte dei locali a luci rosse; a Parigi, dove ha vissuto stabilmente dal 1965 (interessante il suo lavoro di street photography usando un teleobiettivo).
Se siete a Parigi in questo periodo andate a Jeu de Paume per scoprire il lavoro di questo fotografo.
Un ultima cosa, che credo dai aver già evidenziato. Nella fotografia moderna sembra esseri questa rincorsa alla nitidezza, alla perfezione (tecnica delle immagine. Si ricercano lenti ‘clinicamente’ perfette. Le foto dio Horvat sono (spesso), tutt’altro che nitide. In alcuni casi leggermente fuori fuoco o mosse. Nonostante ciò’ hanno una potenza e trasmetto emozioni forti. Ci ricordano che la fotografia non é solo nitidezza e pulizia dell’immagine, ma piuttosto emozione.
Peter Lindbergh - Lightness of Being
Eleganza e personalità
Fotografiska é un posto meraviglioso. Quando vado a Stoccolma, cerco di andarci, senza nemmeno sapere qualche artista é estospo.
Qualche settimana fa ero nella capitale svedese per un congresso e sono riuscito a ritagliarmi qualche ora per visitare il Museo Contemporaneo della Fotografia, Arte e Cultura.
Con mia grande fortuna avevao aperto da qualceh giorno la mostra su Peter Lingbergh (1944-2019), disponibile fino a metà Ottobre.
Un ritrattista straordinario, che ci ha lasciato indimenticabili scatti nel mondo della moda.
Ha lavorato con modelle come Naomi Campbell, Cindy Crawford and Kate Moss e attrici e artiste come Kate Winslet, Uma Thurman, Mick Jagger e Alicia Vikander.
In un mondo fotografico che ricerca nitidezza e precision, Peter Linberg ci riporta alla spontaneità (anche se i suoi scatti sono sempre cinematograficamente preparati), alla foreza dell’espressione, ad immagini spesso mosse.
La mostra presenta un centinaio di fotografie e ci offre interessanti indicazioni sul suo meticolso lavoro di post produzione, nel pianificare la scena a scena a tavolino, con lunghi appunti nei suoi notebook, ai molteplici scatti prodotti in scena, fino alla fase di selezione delle immagini finali.
Che eleganza nei sui scatti.
Un artista straordinario, che ha vissuto tra l’altro per molto tempo a Parigi.
La sua produzione è quasi tutta in bianco e nero.
Se passate a Stoccolma, fermatevi in questa mostra. Oppure cercate qualche libro fotografico di Peter Lindberg, ne vale la pena.
Fila 12, posto 17
Raf Tour2023 - La Mia Casa
Che bella la musica dal vivo. Che sensazione, quella di avvicinarti ad alcuni artisti che ami e vedere come ripropongono le canzoni che ami e che spesso hai scordato.
Durante un mio breve soggiorno a Nizza con la famiglia scopro con sorpresa che la prima data del nuovo tour di Raf, “La Mia Casa”, parte da Sanremo. proprio a due passi da dove mi trovo.
Verifico su TickeOne e scopro che ci sono ancora posti disponibili. Fila 12 posti 15 e 17. Ottimo. Per un appassionato di Sanremo come me, poi, ancora più’ emozionante entrare all’Ariston, il teatro che ospita il concerto.
I momenti che precedono ogni spettacolo, sono speciali: il teatro che si riempie poco alla volta; la curiosità nell’immaginare la scaletta dello spettacolo, a cominciare dal primo pezzo; la voglia di ascoltare canzoni che hanno fatto storia e, in alcuni casi, sono ancora importanti per me.
Ti guardi in giro e osservi lo stato d’animo delle persone, ascolti frammenti di discorsi, aspetti con impazienza.
Poi tutto comincia. “Un’emozione inaspettata”, guarda caso, apre le due ore e più di musica.
Poi, subito, cosi’, senza aspettare, “Due” uno dei suoi brani più ascoltati e famosi. Insomma, quasi a volere davvero portare tutti noi a ‘ casa sua’.
E’ la parte più intimistica del concerto. Raf si alterna tra pianoforte e chitarra, interagisce con i suoi fans. Racconta del libro in uscita del nuovo album, di come questo tour sia importante per lui.
Quella di Sanremo é la prima data del tour (lui ha citato una data ‘zero’ realizzata qualche giorno prima a Crema). Ma probabilmente l’Ariston é il primo vero palco di questo giro di concerti. Un palco che, come ha ricordato il cantante in scena, é importante per ogni artista italiano.
Si presenta accompagnato dal suo gruppo: un tastierista, un chitarrista, un bassista e un altro elemento ai fiati. Quest’ultimo davvero una bella aggiunta per le sonorità create e per la complicità sul palco
Il concerto scorre, il pubblico aspetta le sue canzoni più famose, chiamandone alcune ad alta voce. Ma siamo ancora all’inizio.
Prima di “Gente di mare” una breve interruzione. La musica (il ‘click’ come dice Raf dal palco) era partita, ma bisogna fermarsi per salutare un caro amico presente in sala.
Umberto Tozzi era in sala quasi ad incoraggiare il nuovo progetto dell’amico rap con il quale ha recentemente condiviso molti palchi d’Italia nel progetto “Due, la nostra storia tour”. Da come si sono cambiati i saluti é evidente che al di là della collaborazione artistica, c’é una sincera amicizia tra i due.
Altre due o tre canzoni e Raf si prende l’affetto del suo pubblico. Ci ricorda come, per un artista, cantare le canzoni non sia un atto automatico. Ci si immerge, le si fanno proprie.
“Metamorfosi” ha una lunga introduzione. Raf ricorda che da molto tempo non riesce a proporre questa canzone dal vivo, perché la storia che c’é dietro la fa ancora soffrire. Ci riprova in queso tour, ma non é ancora sicuro che riuscirà a tenerla in scaletta per tutti i concerti.
Io spero di si’, é stato uno dei momenti più intensi del concerto.
C’era una canzone che aspettavo con emozione quella sera. Ero quasi sicuro che ci fosse in scaletta. ‘Come una favola’, la sfortunata canzone presentata a Sanremo nel 2015, arriva a metà serata. Dico sfortunata perché, quell’anno, ha mancato l’accesso alla serata finale del Festival (un Festival al quale Raf mancava da 20 anni), probabilmente anche per i problemi di salute cha Raf ha avuto in quei giorni che gli anno impedito di cantarla al meglio.
Ma é un gioiello, una delicata dimostrazione d’amore, d’amore anche nei confronti della vita.
L’altra sera, dal vivo, é il pezzo che mi ha emozionato di più.
E’ la prima parte dello spettacolo.
Ovviamente sappiamo tutti che ci sarà una seconda parte. Molti secondi di attesa, senza parole, senza musica, senza applausi, senza voci fuori campo che, durante la serata, propongono piccole parti del nuovo libro di Raf in uscita.
La musica riparte. E sentiamo tutti in sala che sarà una parte diversa.
Quei venti secondi di pausa servono a Raf per cambiarsi: lascia maglietta e pantaloni neri e indossa abiti bianchi. Di nero, solo il cappellino, che non aveva messo nella prima parte del concerto.
E’ la parte ‘dance’, il pubblico lo capisce e incomincia ad avvicinarsi al palco.
E’ durante questa seconda parte in cui Raf propone i due pezzi nuovi, “Cherie”, anticipata quest’estate e “80 voglia di te”, uscita il giorno prima del concerto sulle piattaforme digitali. Credo che solo i fedelissimi ne fossero a conoscenza.
Due pezzi che lo riportano, nelle sonorità, agli anni ‘80, quasi un omaggio ai suoi esordi. Ho trovato bello che un cantante ritorni alle origini, nella musicalità e nella leggerezza. ‘Cherie’, in particolare, mi ha proprio preso, anche la versione dal vivo é coinvolgente.
Ma é anche il momento di alcune delle sue canzoni più famose, come “Ti pretendo”, “Self Control”, “Siamo soli nell’immenso vuoto che c’é”.
Il pubblico le segue, Raf lascia spazio per cantare, si avvicina alla prime file, stringe la mano ai suoi fans. Fa parte della generosità di un’artista, credo, concedere queste attenzioni. Cercare progressivamente legami, contatti, vicinanze.
Fino al momento finale, “Infinito”, in cui la prossimità tra l’artista e il suo pubblico si riduce probabilmente al minimo, fino a diventare un un tutt’uno.
Capiamo subito che dopo “Infinito” non ci può’ essere più nessun pezzo. La fusione con il pubblico é totale e tutte le emozioni sono incanalate in quella canzone.
E’ stato un bel concerto. Incoraggio chiunque ne abbia l’occasione ad andare a ‘casa di Raf’, per rivivere la carriera di questo artista e ascoltare il suo lavoro. Vi troverete bene.
Le date nei prossimi due mesi sono qui
Spero che i miei amici di Pordenone approfittino della data di Udine il 2 maggio. Ne vale davvero la pena.
La musica dal vivo lascia emozioni uniche, che durano nel tempo, che curano. Ci avvicinano agli artisti, al loro modo di riproporre canzoni universali, sempre con un’energia nuova. Siamo troppo abituati alla perfezione dello studio di registrazione o delle tracce “Lossless” delle piattaforme digitali.
Ma dal vivo é tutta un’altra cosa. La voce e la mosca dio entrano nella pelle, nella testa, nel cuore.
Esci dal teatro carico di emozioni e di gratitudine. Ricordi che ci sono canzoni importati che forse avevi dimenticato. Ma sono li’, pronte a riconsegnarti nuovi messaggi.
Grazie per la bellissima serata Raf!
Zanele Muholi
L’intensità di un ritratto
Sono passato alla MEP ieri mattina. Normalmente cerco di andarci la mattina presto (o meglio, appena apre), per evitare la troppa affluenza.
In questo periodo il museo propone circa 200 opere di Zanele Muholi, artista sudafricana famosa per la sua opera su “Black LGBTQIA+”, sulla diversità.
Questa foto é una delle prime proposte, al primo piano, in apertura della mostra. Ritrae Muholi con una delle sue collaboratrici. Crea un forte momento di intimità, a mio avviso
I visitatori sono attratti dal suo modo di ritrarre la diversità, in modo mai volgare. Forse perché l’artista riesce ad instaurare un profondo dialogo con i suoi personaggi e a portare con sensibilità le loro storie.
Ci sono anche molti autoritratti, realizzati utilizzando oggetti di uso quotidiano
La parte espositiva cha mi colpito di più é al secondo piano, nella sala grande a sinistra delle scale.
La serie “Faces and Phases”, incominciata nel 2006 che conta oltre 300 ritratti (non tutti sono esposti alla MEP) di donne sudafricane
Qui sotto alcune fotografie che ho preso di questa serie, tra quelle i cui sguardi mi hanno colpito di più. Ho cercato i loro nomi, per curiosità, nella legenda nascosta in uno dei muri laterali. Soli Molisane, Thobeka Bhengdu, Lebo Mashifane sono alcuni dei volti che vedete qui sotto
Zanele Mugoli si definisce una ‘Visual activist’ che ho dato visibilità alle diversità e alle problematiche d’integrazione di intere comunità sudafricane. Lo fa con sensibilità cercando di promuovere rispetto e consapevolezza.
L’intensità espressiva di questi ritratti é la cosa che mi porto via dalla visita di questa mostra. Se siete a Parigi, andate a vederli: fino al 21 maggio sono esposti alla MEP, situata vicino alla Chiesa di Saint Paul, tra il Marais e la Senna