“Flàneries é un’espressione francese che indica l’andare in giro, normalmente da solo, con il solo scopo di guardarsi attorno.
Flàneries racconta di quotidiano per come mi si presenta, per come lo vedo.
E’ lo spazio in italiano di questo sito”.
— Luca
Black is beautiful
Arte di protesta: Faith Ringgold
Locandina della mostra, ‘Black is beautiful’ - Musée Picasso, Parigi
Affascinante la mostra temporanea proposta in queso periodo a Musée Picasso di Parigi. Faith Ringgold é un’artista Afroamericana nata nel 1930 che, nel corso della sua vita, ha cercato di dare centralità alla presenza della comunità di colore in America.
"Black Light #11: US America Black" (1969)
Si é anche presa qualche libertà, criticando apertamente Picasso. Nella sua serie “The French collection”, prodotta durante un suo viaggio a Parigi, in una sua opera incorpora uno dei quadri più famosi di Picasso, introducendo pero’ una modella dal colore di pelle nero. Sembra infatti che in tutta l’opera di Picasso non ci siano solo personaggi dal colore della pelle chiaro.
Faith Ringgold, “French collection” serie
“Volevo mostrare che c’era della gente dalla pelle nera anche quando Picasso, Monet e Matisse promuovevano le loro opere ”
La centralità della sua opera, pero’, a che fare con gli Stati Uniti con il suo lavoro politico e di denuncia rispetto alla difficile integrazione razziale. Cresce ad Harlem, insegna in quanto non c’era spazio per artisti di colore.
Qui sotto, il dipinto di una stedentessa di colore, ammessa agli studi di legge.
Faith Ringgold
Il lavoro che più mi ha colpito é quello documentato qui sotto.
Un mosaico di ritratti di gente di colore, su uno sfondo che ricorda quanto il potere dei bianchi sia pervasivo e scontato. Ad un’attenta osservazione, infatti, si intravede non solo la scritta ‘Black Power” (in diagonale da sinistra a destra), ma anche la scritta “White Power”. La vedete?
American People #19: U.S. Postage Stamp Commemorating the Advent of Black Power" (1967)
Se non l’avete individuata, partite dall’alto a destra e scendete in verticale (White) e ripetete nella parte sinistra, in vertical dall’alto al basso (power). Proprio come succedeva negli Stati Uniti, dove il ‘potere’ della classe bianca é scontato, quindi ‘invisibile’.
L’ho trovato geniale e pieno di significato. Qui sotto alcuni dettagli di questo dipinto.
Una delle sue opere più conosciute é del 1967: Die, il nome dell’opera’ é inspirato alla Guernica di Picasso
Faith Ringgold, American People, Serie #20: Die, 1967
La pittura non é l’unito media utilizzato dall’artista. Anche nel tentativo di essere completamente indipendente e facilitare il trasporto delle sue opere alle varie gallerie, Faith ha sviluppato molte opere su tendaggi. Tutta la sua serie “The French Collection”, per esempio, é stata sviluppata con questo sistema.
“The French Collection Part 1: #2 Wedding on the Seine”(1991), dettaglio della sposa (che rifiuta di sposarsi)
La mostra é visitabile fino al 2 Luglio al Musée Picasso, nel Maris a Parigi.
Il rischio é di fiondarsi nella parte del museo destinata a Picasso e ‘dimenticare’ questo interessante lavoro. Cominciate da li’ la vostra visita. Vi stupirà
Photomatic d’Italia
Cartello della Biennale di Venezia del 1972
“All’interno della photomatic le persone trovano uno spazio privato immerso nello spazio pubblico”
Photomatic d’Italia, Bologna, 1972-73
Ho visitato « Renverser ses yeux » a Jeu de Paume (Parigi) pochi giorni fa. Interessante mostra su alcuni artisti d’avanguardia di fine Anni ’60 in Italia.
Il sottotitolo della mostra, che sarà presente alla Trienname di Milano nella primavera 2023 (quindi potete avere un’anteprila qui…), dà una chiave di lettura piuttosto chiara: “Attorno all’arte povera 1060-1975: fotografia, film e video”.
Tra i vari lavori presentati, mi ha colpito particolarmente un progetto di Franco Vaccari, artista poliedrico (fotografo, poeta, cineasta), prodotto cinquant’anni fa: Photomatic d’Italia.
Photomatic d’Italia, Franco Vaccari, 1972-73
L’artista si é domandato come una cabina fotografica, nuovo oggetto ‘tecnologico’ normalmente collocato in spazi pubblici, ma con un dedicato spazio privato, potesse interagire il pubblico. Dopo tutto fino ad allora la fotografia d’identità era riservata a documenti ufficiali (passaporti, carte d’identità) o all’identificazione di criminali. I ‘sefie’ sarebbero arrivati molto più tardi.
Propone allora di spostare una di queste cabine in uno spazio museale (alla Biennale di venezia) e propone ai visitatori di contribuire, con le loro instantanee, ad allestire lo spazio espositivo. Comincia lui stesso, attaccando ad un muro una striscia fotografica con un suo ritratto. Ed invita il pubblico a fare altretando, con l’obiettivo di creare un’opera collettiva.
La proposta ha successo e tra il 1972 e il 1973 riesce a ripetere l’esperienza al di fuori di un museo, utilizzando un migliaio di cabine sparse in tutta Italia e coinvolgendo gente comune: Vaccari, attarverso una manifesto attaccato nelle vicinanze delle vabine, invita infatti normali cittadini a inviargli una strip di fototessere con la possibilità di essere selezionati per un nuovo film.
Il cartellone usato da Vaccari nelle Photomatic per coinvolgere normali passanti - Photomatic d’Italia, 1972-73
La cabina photomatic, cosi’, non viene adoperata solamente per fornire immagini adatte ai documenti di riconoscimento, ma diventa anche un luogo isolato in cui poter sperimentare, spaziare e giocare con la fotografia. Si tratta di un’imponente esperimento di “arte generativa”, che come risultato ha portato al progetto ‘Photomatic d’Italia’.
Partito dalla Biennale di Venezia, raggiunge le piazze di tutta Italia, coinvolgendo un vastrissimo numero di persone, facendo dell’uomo di strada un potenziale artista.
Ben prima dei selfie ....
Montmartre, Parigi, Gennaio 2023 - giovani in coda per una fototessera
PS.
Il 20 giugno del 1928 cinque cabine fotografiche automatiche vengoni installate a Parigi. Oggi, le ‘photomatic’ sono presenti nella capitale francese in (quasi) tutte le stazioni, in supermercati, negli angoli delle piazze.
Foto tratte dal sito della Galleria Sage, Paris , alcune delle quali visibili fino al 29 Febbraio a ‘Jeu de Paume’, Parigi
80
incoraggianti esperienze
Dibirdibi Country, 2011 (Sally Gabori) - Fondation Cartier pour l’art contemporain
Sapere che un’artista ha cominciato a dipingere all’età di 80 anni, riuscendo a diventare un punto di riferimento nazionale (in Australia) e internazionale, é incoraggiante.
Non é mai troppo tardi.
Sally Gabori é una pittrice australiana che ha cominciato a dipingere nel 2005 e ha continuato fino al 2015, anno della sua morte.
La sua intensità creativa l’ha proiettata a produrre opere di dimensioni piuttosto importanti caratterizzate da colori vibranti e forme affascinanti: i suoi quadri possono sembrare banali, ma dopo pochi secondi ti coinvolgono nel ricercare un significato o una chiave di lettura.
Almeno questa é stata la mia esperienza, ma anche quella di molti altri visitatori che ho osservato rimanere diversi minuti di fronte alle sue opere.
La sua storia é affascinate. Immaginate un’anziana donna australiana che si reca per la prima volta ad un centro d’arte (Mornington) e ha come una rivelazione. Torna a casa e si mette a dipingere, mescolando colori, creando forme.
In soli 9 anni di attività artistica, produce qualcosa come 2000 dipinti inspirati da 6 luoghi australiani.
“This is my land, this is my sea, this is who I am”
La mostra é esposta attualmente a Parigi alla Fondazione Cartier per l’arte contemporanea. Merita una vista
Flâneries é un’espressione francese che indica l’andare in giro, normalmente da solo, con il solo scopo di guardarsi attorno. Flâneries racconta di quotidiano per come mi si presenta, per come lo vedo.